Il cinema “senza barriere” come professione: esperienze a confronto
Diverse le realtà produttive e artistiche che aprono le porte del cinema e dell’arte in generale anche a chi ha una disabilità.
19 dicembre 2019
ROMA – Il cinema può servire a superare i pregiudizi e realizzare inclusione, perché il talento non ha barriere: è quanto testimoniano le realtà produttive e artistiche che si impegnano – da più o meno anni – a formare e valorizzare attori con disabilità. Alcune di queste sono intervenute ieri, al convegno “Visioni differenti. La narrazione della disabilità sul piccolo e grande schermo”, organizzato presso la sede Rai di viale Mazzini da SuperAbile, Inail e Rai.
“Arte nel cuore”, perché il talento non ha barriere
“Siamo la prima accademia di formazione artistica per attori disabili e non – ha detto Daniela Alleruzzo, presidente di “Arte nel cuore” e tra le produttrici del film “Detective per caso” – Da noi i ragazzi hanno la possibilità di diventare professionisti del teatro, del canto, della musica, della danza. Dopo anni di esperienza, abbiamo deciso, due anni fa, di realizzare il primo film tutto nostro, che è stato presentato alla scorsa edizione della Festa del Cinema di Roma, “Detective per caso”: un film unico nel suo genere, in cui i protagonisti sono attori disabili mentre i grandi attori recitano accanto a loro ruoli secondari e in cui non si parla di disabilità, ma si mostra il talenti di questi ragazzi, offrendo loro la possibilità di farsi conoscere”. A testimoniarlo, c’era Emanuela Annini, attrice protagonista del film: “Questo film abbatte le barriere perché fa capire come anche noi possiamo essere attori veri. Non credo che serva ogni volta sottolineare che ho la sindrome di Down: immagino che si veda. Ma per me essere Down non significa nulla: significa molto di più essere un’attrice e avere la possibilità di fare questo lavoro. E’ giusto che registi e produttori ci siano questa opportunità”.
Accanto a Emanuela Annini, nel film, c’è Giulia Pinto, giovane attrice. “Nella nostra Accademia non c’è distinzione tra chi ha una disabilità e chi, come me, non la ha – ha assicurato – Quel che conta è l’obiettivo che abbiamo in comune: diventare attori, ballerini, cantanti. I docenti utilizzano metodi diversi con ciascuno, perché ciascuno di noi è diverso. Siamo colleghi e collaboriamo per diventare un giorno, speriamo, tutti attori professionisti”.
Si è parlato anche dell’esperienza di Cinemanchìo, che da anni promuove il superamento delle barriere nel cinema e nella cultura in genere. “Tanto è stato fatto, ma c’è un passo avanti fondamentale che resta ancora da compire: eliminare le categorie che semplificano culturalmente le esistenze e iniziare a parlare semplicemente di persone”, ha detto Stefano Pierpaoli, project manager del film “Labbra blu” e promotore del progetto “Cinemanchìo” – Quello che ha valore e importanza non è solo il film, dalla sua realizzazione alla sua fruizione, ma soprattutto il processo culturale che inizia dopo la visione del film: quello che succede alla comunità dopo aver condiviso questa esperienza”.