Carlo Eugeni
Ciao a tutti ho letto l’interessante contributo di + Cultura Accessibile. Sul fondo sono molto d’accordo: svilimento dell cultura che viene trasformata in intrattenimento. E quindi cambio di paradigma necessario per rivalorizzare quanto rischia di scomparire per sempre. Sono rimasto però un po’ colpito – ed è questo il mio contributo – dall’analisi fatta sulla fruizione digitale della cultura, che ha un taglio, secondo me, eccessivamente focalizzato sugli aspetti negativi – tutti condivisibili – e troppo poco sull’enorme potenziale che invece la cultura digitale per lo sviluppo della cultura stessa, non solo in termini di creazione di posti di lavoro per tutti i professionisti della digitalizzazione (camerman, tecnici luci, fotografi, montatori, tecnici audio, narratori, designer…), ma anche di offerta ampliata (possibilità di “andare” a vedere opere d’arte, film, mostre, concerti, città… custoditi in luoghi lontani). Ecco, in breve, quanto secondo me necessario introdurre nel comunicato. Cordialmente, Carlo Eugeni
Mozione 01/05
Le legittime rivendicazioni che arrivano dalle categorie che compongono l’universo per produzione dell’intrattenimento e della cultura riguardano l’inquadramento lavorativo e il riconoscimento salariale pensionistico. Sono le stesse battaglie che si stanno moltiplicando e che riguardano tutti i settori del mondo dell’impresa e del lavoro. Nel confronto con la politica e con le Istituzioni, nelle vertenze sindacali, il mancato riconoscimento dei diritti dei lavoratori, il sezionamento delle istanze e la frammentazione delle piattaforme all’interno di una stessa categoria costituiscono l’elemento di debolezza che conduce allo sfarinamento del percorso di proposta o di contrasto. Esso deriva per lo più dall’assenza di una matura coscienza sociale e di categoria, dalla mancanza di un programma definito e soprattutto dall’incapacità di rappresentare/indicare indirizzi e soluzioni solide e ben pianificate. Il risultato che si produce più frequentemente è la semplificazione della conflittualità stessa che, a causa della mancanza di identità nell’azione che dovrebbe essere comune, riduce il confronto con la controparte nella misera logica della risoluzione degli effetti lasciando immutate le cause. Nei passaggi storici più cruciali questo conduce alla determinazione di fenomeni disorganici e intempestivi che finiscono con l’accrescere la portata dei problemi e a produrre il consolidamento degli apparati di potere nell’ambito del controllo e della soppressione della libera iniziativa. Per questo motivo e per evitare che il disordine prenda il sopravvento, il percorso più efficace per garantire una transizione serena e concretamente costruttiva è rappresentato dall’apertura di una fase costituente in cui rappresentanti terzi si impegnino a individuare il migliore compromesso per generare i nuovi assetti fondati sui nuovi equilibri. La terzietà dei rappresentanti, fattore comunque non vincolante, è un ulteriore strumento di garanzia perché può contare su una maggiore capacità di sintesi grazie all’analisi sganciata dalle dinamiche interne delle categorie. Spesso una dimensione di estraneità fornisce un più ampio spazio di analisi e una più oggettiva capacità di intervento. L’individuazione dei rappresentanti avviene a seguito di assemblee, definite stati generali, a patto che non muoiano confinati nelle banalizzazioni prodotte nelle esperienze più recenti. Le riforme di sistema che riguardano la cultura, nella sua straordinaria ampiezza e profondità, impongono un’individuazione molto accurata dei partecipanti a un eventuale confronto con le Istituzioni. Da queste riforme proverranno tutte le indicazioni e i riferimenti più idonei per operare nelle aree che riguardano le rivendicazioni più specifiche. I riscontri ottenuti negli ultimi decenni sono stati pressoché fallimentari e bisognerà quindi trovare criteri più adeguati per assicurare rigore e determinazione nella scelta degli incaricati.